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Conclusioni
In Europa le specie selvatiche continuano ad essere gravemente minacciate e il numero di specie in declino è in aumento. In molti paesi, fino al 50% delle specie conosciute di vertebrati è in pericolo.
Oltre un terzo dell’avifauna europea rischia l’estinzione, soprattutto nell’Europa nordoccidentale e centrale. Questa situazione è dovuta principalmente ai danni provocati ai rispettivi habitat dal cambiamento di destinazione d’uso dei terreni, in particolare a seguito della diffusione dell’agricoltura e della silvicoltura intensive, del crescente sviluppo delle infrastrutture, del prelievo dell’acqua e dell’inquinamento.
Sono invece in aumento le popolazioni di specie animali connesse ad attività umane e si stanno diffondendo alcune specie vegetali in grado di tollerare livelli elevati di nutrienti o di acidità. Nelle zone in cui viene praticata l’agricoltura biologica è in lieve ripresa il numero di presenze di uccelli nidificanti. L’introduzione di specie non autoctone sta provocando dei problemi negli habitat marini e terrestri e nelle acque interne.
La perdita di zone umide è particolarmente grave nell’Europa meridionale, ma si registrano perdite importanti anche in numerose aree agricole e urbanizzate dell’Europa nord-occidentale e centrale. Le cause principali del fenomeno sono gli interventi di bonifica, l’inquinamento, le operazioni di drenaggio, l’utilizzo per scopi ricreativi e l’urbanizzazione. I progetti di ripristino delle zone umide, qualcuno di ampia portata e molti più piccoli, riguardanti fiumi, laghi, torbiere e paludi, in qualche misura riescono a compensare le perdite, anche se generalmente su scala limitata.
L’estensione delle dune di sabbia si è ridotta del 40% in questo secolo, soprattutto lungo le coste occidentali dell’Europa; un terzo delle perdite si è registrato a partire dalla metà degli anni Settanta. Tale fenomeno è dovuto soprattutto all’urbanizzazione, alla destinazione ad usi ricreativi e alla forestazione.
La superficie forestale è in aumento, così come la produzione totale di legname. La silvicoltura “estensiva” che costituiva in passato la pratica più diffusa, viene soppiantata in misura crescente da metodi più intensivi e standardizzati. Il ricorso a specie esotiche è in ulteriore diffusione. Continua la distruzione dei vecchi boschi naturali o seminaturali. La maggior parte delle foreste antiche e quasi intatte ora si trovano nei PECO e negli NSI, benché anche altrove esistano appezzamenti di minori dimensioni. Gli incendi nei boschi continuano a rappresentare un problema in tutta la regione del Mediterraneo, nonostante si sia registrata una diminuzione dell’area colpita. Nell’uso e nella gestione delle foreste si va diffondendo il concetto di silvicoltura sostenibile, ma non sono ancora riscontrabili effetti generalizzati sulla biodiversità.
La diffusione dell’agricoltura intensiva e i continui interventi di rimboschimento in zone a basso rendimento hanno determinato la rapida distruzione o il degrado di habitat agricoli seminaturali, come i prati adibiti a pascolo. Un tempo questi habitat erano ampiamente diffusi in Europa e dipendevano dalla gestione estensiva dell’agricoltura, che richiede un apporto limitato di nutrienti. Ora invece risentono dell’impiego di quantità eccessive di nutrienti e del problema dell’acidificazione. Con la scomparsa di questi habitat, spesso estremamente ricchi di specie vegetali e animali, la biodiversità naturale degli ambienti aperti è drasticamente diminuita.
In tutti i paesi è stata introdotta un’ampia gamma di iniziative e di strumenti legislativi, a livello nazionale e internazionale, per la tutela delle specie e degli habitat naturali, che hanno ottenuto risultati positivi nella salvaguardia di ampie zone terrestri e marine e nella lotta all’estinzione di numerose specie e habitat naturali; tuttavia, la loro applicazione risulta spesso lenta e difficile e si è rivelata insufficiente per arrestare il degrado generale. A livello europeo, le principali iniziative attualmente in corso sono la realizzazione di una rete europea armonizzata di siti naturali e seminaturali nell’UE nel quadro di NATURA 2000 e l’imminente creazione della rete EMERALD prevista dalla convenzione di Berna nel resto dell’Europa.
In generale, la conservazione della biodiversità viene spesso considerata meno importante rispetto agli interessi economici o sociali a breve termine dei settori che maggiormente la minacciano. Uno dei principali ostacoli al raggiungimento degli obiettivi di conservazione continua ad essere la necessità di integrare l’aspetto della tutela della biodiversità in altre strategie politiche. Le valutazioni ambientali strategiche delle politiche e dei programmi, insieme agli strumenti legislativi per la conservazione della natura possono rappresentare importanti strumenti in grado di favorire questa integrazione.
8.1. Introduzione
Il termine biodiversità, definito nel riquadro 8.1, si è ampiamente diffuso dopo la firma della convenzione mondiale sulla diversità biologica, al “Vertice sulla Terra” tenutosi nel 1992 a Rio de Janeiro. Da quel momento, la conservazione e l’uso sostenibile degli elementi che compongono la biodiversità (da ecosistemi e habitat a specie e risorse genetiche) sono considerati di primaria importanza in molti paesi, grazie alla crescente consapevolezza che la “biodiversità è il reale fondamento dell’esistenza umana” (convenzione sulla diversità biologica, 1997; UNEP, 1995; cfr. riquadro 8.1). I principi esposti nella convenzione sono stati ripresi in un’ampia gamma di documenti politici, ma l’attuazione delle politiche basate sui principi, in generale, è piuttosto lenta.
Nonostante le differenze di interpretazione del concetto di biodiversità e delle priorità di intervento, cresce la consapevolezza delle interdipendenze e delle responsabilità, nonché dell’esigenza di un uso sostenibile delle risorse naturali, comprese quelle biologiche e genetiche. In quest’ambito, gli obblighi sanciti dalla convenzione sulla diversità biologica inaugurano un nuovo approccio basato sull'integrazione delle problematiche relative ad agricoltura, silvicoltura, pesca, utilizzo delle risorse e del territorio e conservazione della natura.
Il presente capitolo tratta prevalentemente della fauna selvatica e degli habitat ed ecosistemi naturali e seminaturali, ricorrendo per la maggior parte ad esempi terrestri.
L’aspetto della biodiversità marina, costiera e di acqua dolce non viene trattato a causa della scarsità dei dati disponibili, concernenti per lo più la qualità delle acque o i problemi relativi alla pesca.
I cambiamenti intervenuti nella presenza e nella distribuzione di specie e habitat descritta in questo capitolo sono una conseguenza dell’impatto della maggior parte dei problemi ambientali discussi in altri capitoli.
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